tag:blogger.com,1999:blog-8067202321289001118.post4769491571545234241..comments2023-03-11T00:33:54.223-08:00Comments on Francesca: Villa, Il positivismo giuridico: metodi, teorie e giudizi di valoreFrancesca.Poggihttp://www.blogger.com/profile/00742970112867106954noreply@blogger.comBlogger4125tag:blogger.com,1999:blog-8067202321289001118.post-3787564820703471792008-12-10T06:36:00.000-08:002008-12-10T06:36:00.000-08:00sinceramente non trovo utilità concreta per questi...sinceramente non trovo utilità concreta per questi ragionamentiAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8067202321289001118.post-41777788263922456792008-02-14T10:21:00.000-08:002008-02-14T10:21:00.000-08:00Rispondo, da autore del volume, alle tre questioni...Rispondo, da autore del volume, alle tre questioni poste da Francesca.<BR/>Per quanto riguarda la prima,la definizione di giuspositivismo, parlando della separabilità fra diritto e morale non intendevo pronunciarmi sulla questione dell'"incorporazione" o meno della morale nel diritto, questione che riguarda le "concezioni" e non già il "concetto" di giuspositivismo, ma intendevo sottolineare soltanto che per me una posizione giuspositivista in senso pieno è una posizione anti-oggettivistica e anti-assolutistica sul piano metaetico. La morale è contingente come il diritto, quindi non può esservi alcun contenuto etico oggettivo, ad esempio una idea oggettiva di giustizia, a fondamento del diritto positivo. Tutto ciò prescinde dalla tesi se la morale penetri o meno all'interno del diritto.<BR/>Per quanto riguarda la seconda, la definizione di filosofia analitica, d'accordo con Francesca: tutto dipende da che cosa intendiamo per "pensiero". Se circoscriviamo di molto la nozione rendendola equivalente a "discorso razionale", allora la tesi diventa plausibile, e non è nemmeno troppo debole.Si tratta della giustificazinoe filosofica della scelta metodologica di praticare l'analisi linguistica come metodo privilegiato per la filosofia.Sia chiaro, questa definizione non l'ho inventata io: riprendo liberamente alcune tesi di Michael Dummett, secondo cui questa tesi rappresenta uno sviluppo ulteriore della "svolta cartesiana" in filosofia, all'interno della quale era l'analisi del pensiero il compito fondamentale della filosofia.<BR/>Per quanto riguarda la terza questione, ci sto per adesso lavorando, al fine di scrivere un libretto di "teoria dell'interpretazione".Sto lavoroando, appunto, sulle recenti tendenze "contestualsitiche" in semantica. Per adesso mi limito a dire che l'affermazione wittgensteiniana che "il significato è l'uso" è stata oggetto di infinite discussioni e di molte interpretazioni diverse.Accettare questa affermazione, a mio avviso, non vuol dire di per sé negare la priorità di un significato convenzionale, ma semmai sostenere che gli elementi legati al contesto d'uso sono comunque necessari per l'attribuzione di un qualunque significato, perché ne governano il processo di specificazione semantica di cui ogni processo di attribuzione ha bisogno.villahttps://www.blogger.com/profile/04604205110613370447noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8067202321289001118.post-82649332178540451992008-02-10T10:20:00.000-08:002008-02-10T10:20:00.000-08:00Mi pare che la tesi di Villa equivalga al principi...Mi pare che la tesi di Villa equivalga al principio di esprimibilità di Quine - di cui si trova una formulazione simile, anche se non identica, in Searle.<BR/>Le tue osservazioni sono certamente sensate, tutto sta a vedere cosa s'intenda per 'pensiero'. Per come la vedo io, le emozioni non sono pensiero, i sogni non sono pensiero, l'in(pre)conscio non è (per definizione) pensiero. Inoltre, la tesi in questione si applica solo alla generalità degli esseri umani: ammesso che gli animali pensino e che non possano esprimere i loro pensieri mediante il loro linguaggio, ciò non inficerebbe la tesi in questione.<BR/>Non pensi che, assunte queste specificazioni, si tratti di una tesi (forse metafisica ma comunque) debole?<BR/>Non sono però certa che Villa condivida queste mie limitazioniFrancesca.Poggihttps://www.blogger.com/profile/00742970112867106954noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8067202321289001118.post-52354481937806822522008-02-10T10:13:00.000-08:002008-02-10T10:13:00.000-08:00Scrivi: "Secondo Villa il nocciolo comune a tutte ...Scrivi: "Secondo Villa il nocciolo comune a tutte le concezioni della<BR/>filosofia analitica consiste nell'assunzione secondo cui "fa parte<BR/>dell'essenza del pensiero essere comunicabile senza residui attraverso<BR/>il linguaggio", il linguaggio è "il veicolo necessario del pensiero" (p.<BR/>111).<BR/>Questa certamente è un'assunzione condivisa da tutti gli analitici, ma<BR/>mi chiedo se non sia un'assunzione troppo debole"<BR/><BR/>Premesso che non so se questa tesi sia condivisa da tutti gli analitici,<BR/>a me sembra che invece sia una tesi molto forte, forse persino troppo<BR/>forte, poco credibile. Ma davvero tutto ciò che pensiamo è comunicabile<BR/>"senza residui" nel linguaggio? ma chi ha detto questa cosa? è molto<BR/>radicale! Austin diceva che analizzare il linguaggio può essere un modo<BR/>per chiarire il pensiero, ma non che tutto ciò che si pensa sia<BR/>comunicabile lignuisticamente. Mi sembra contrario a dati di esperienza<BR/>comune - che ci siano pensieri inesprimibili, di cui a mala pena siamo<BR/>pienamente consapevoli, che albergano nell'inconscio o nel<BR/>preconoscio... che ci siano pensieri per i quali una razionalizzazione<BR/>linguistica, una loro traduzione linguistica conforme a grammatica che<BR/>li renda intersoggettivamente condivisibili, implicherebbe la loro<BR/>distruzione... non so. E comunque, è davvero (in punto di fatto) una<BR/>tesi condivisa da tutti i filosofi analitici? a me sembra<BR/>un'affermazione metafisica senza se e senza ma, senza la minima<BR/>possibilità di una verifica empirica, che, anche solo per prudenza<BR/>epistemologica, molti analitici avrebbero difficoltà a formualare in<BR/>questi termini - come facciamo ad escludere che vi siano pensieri<BR/>intraducibili "senza residui" nel linguaggio? En passant, questo<BR/>vorrebbe dire che gli animali privi di un linguaggio, non pensano né<BR/>sognano - perché il sogno è un tipo di pensiero - mentre sembra<BR/>verosimile che i cani, ad esempio, pur avendo un linguaggio molto<BR/>rudimentale, facciano sogni in cui accadono situazioni relativamente<BR/>complesse, simili ai nostri - e così, se il cane si sveglia abbaiando<BR/>spaventato, diremmo forse che il cane ha espresso "senza residui" tutto<BR/>il suo pensiero onirico?Anonymousnoreply@blogger.com